Il Parco Nazionale del Gran Paradiso è uno dei parchi nazionali più conosciuti d’Italia e una delle aree protette più grandi delle Alpi.
Storia
Il Parco del Gran Paradiso è il più antico parco nazionale d’Italia, istituito il 3 dicembre del 1922. La sua creazione è profondamente legata alla salvaguardia di una singola specie animale: lo stambecco alpino (capra ibex). Lo stambecco era un tempo assai diffuso su tutto l’Arco Alpino ma la caccia spietata lo ridusse notevolmente di numero già durante l’età moderna. Il motivo di tale caccia era legato alla prelibatezza della carne, alle virtù di alcune sue parti considerate medicinali, e alle sue corna erano poi un trofeo assai ambito. La caccia fu talmente spietata che già nei primi anni dell’ottocento si riteneva praticamente estinto, finché l’ispettore forestale valdostano Joseph Delapierre ne scovò un centinaio di esemplari nei remoti valloni del Gran Paradiso. Nel 1821 il re di Casa Savoia Carlo Felice emanò una regia patente che proibiva la caccia allo stambecco. Questa decisione fu presa non per principi ambientali ( estranei alla mentalità dell’epoca) ma per la volontà del re di poter cacciare in esclusiva questi rari animali.
Nel 1850 re Vittorio Emanuele II di Savoia, all’età di trent’anni percorse l’area dell’attuale parco. Egli partì da Champorcher e attraverso la Finestra di Champorcher raggiunse Cogne. Stupito dalla varietà della fauna decise di istituire una riserva di caccia.La Riserva Reale fu ufficialmente istituita nel 1856 e comprendeva un territorio più vasto di quello del parco attuale (una porzione verso nord-est si estendeva anche nei comuni di Fénis, Brissogne, Valgrisenche e Champdepraz oggi non facenti parte dell’area protetta). Il lascito più importante di questo periodo fu una fitta rete di mulattiere, costruita per permettere alla corte di spostarsi nelle battute di caccia (oltre 300 chilometri in totale). Le battute di caccia del re erano imponenti e impiegavano fino a 250 uomini, reclutati tra i valligiani. Il re si mostrava affabile e spesso conversava con la gente del posto. Egli era descritto come un grande tiratore ma in realtà giocava una sorta di “tiro al bersaglio”. Le battute di caccia spesso si risolvevano in decine di stambecchi o camosci uccisi. Nonostante questo il re sceglieva esclusivamente maschi adulti come bersagli e risparmiava i cuccioli e le femmine,questo portò a un forte aumento della popolazione di stambecchi.
Generalmente il re visitava la riserva in agosto e vi si tratteneva per diverse settimane. Aveva un percorso abituale e si muoveva tra le diverse case di caccia sparse per il territorio: generalmente partiva da Champorcher e valicava la Finestra di Champorcher per discendere a Cogne( sostando nella casa di caccia di Dondena). In seguito raggiungeva la Valsavarenche passando dal Colle di Lauson e sostando nella casa di caccia di Lauson. Poi proseguiva per Ceresole Reale sostando al colle del Nivolet e proseguiva in Valle dell’Orco fino a Noasca. Anche i successori di Vittorio Emanuele II continuarono la caccia ma Vittorio Emanuele III, più colto e meno affabile con i valligiani del nonno, cambiò orientamento e decise, nel 1919, di cedere allo Stato i territori del Gran Paradiso di sua proprietà con i relativi diritti, indicando come condizione che si prendesse in considerazione l’idea di istituire un parco nazionale per la protezione della flora e della fauna alpina.
Il 3 dicembre 1922, nei primi giorni di Governo Mussolini, venne istituita la Commissione reale per il parco. La gestione era affidata alla Commissione Reale del Gran Paradiso che istituì un nuovo servizio di guardaparco che reintegrò le vecchie guardie che ne fecero richiesta. Nel 1933 la Commissione Reale venne però abolita ed iniziarono i tempi bui del parco: la gestione passò al ministero fascista dell’Agricoltura e delle Foreste. La sorveglianza, affidata alla Milizia Nazionale Forestale, divenne una sorta di servizio punitivo: venivano mandati lì malfattori e antagonistici politici, spesso non abituati alla rigidità della montagna, ad espiare le proprie pene (una specie di “piccola Siberia” italiana). La vigilanza perse d’efficacia e riprese il bracconaggio. A questo si aggiunse la guerra con la scarsità dei viveri che portò ad un aumento esponenziale delle uccisioni degli animali selvatici. Nel 1947, a guerra conclusa, erano rimasti appena 400 stambecchi nel territorio del parco. Lo stesso anno venne istituito ufficialmente il Parco Nazionale e nelle sue vicinanze, nel castello di Sarre presso Aosta, nel 1948 il professore Renzo Videsott istituì la prima associazione ambientalista italiana ( Pro Natura).
Situazione geografia generale
Il Parco comprende porzioni di 13 comuni: 6 piemontesi (Ceresole Reale, Noasca, Locana, Ribordone, Ronco Canavese e Valprato Soana) e 7 valdostani (Aymavilles, Cogne, Introd, Rhemes-Saint-Georges, Rhemes-Notre-Dame, Villenueve, Valsavarenche). La superficie complessiva del parco è di 73.043 ettari. La popolazione complessiva dei 13 comuni è di 8400 abitanti, ma coloro che vivono direttamente nei confini dell’area protetta sono solo 300. Gran parte del Parco è quindi disabitato, essendo costituito da terreni di alta quota.
Orografia
Il Gran Paradiso è l’unico massiccio montuoso culminante a oltre 4000 metri interamente in territorio italiano. Il parco comprende cinque valli principali: Val di Rhêmes, Val di Cogne, Valsavarenche, Valle dell’Orco e Val Soana. Il territorio del parco è ammantato da 59 candidi ghiacciai, più estesi sul lato valdostano, di cui almeno 29 sono costantemente monitorati dai guardaparco. Si tratta di ghiacciai perenni ma relativamente recenti essendosi formati durante la “piccola glaciazione” del secolo XVII.
Dalla cima più alta (4061 m) parte la dorsale che divide Cogne da Valsavarenche la quale, scendendo verso Aosta, si impenna due vette dell’Herbétet (3778 m) e della Grivola (3969 m). Sul versante piemontese si stagliano il Ciarforon (3642 m), la Tresenta (3609 m), la Becca di Monciair (3544 m). Queste montagne sono facilmente individuabili, da un occhio esperto, anche dalla pianura torinese.La Torre del Gran San Pietro (3692 m) e i Becchi della Tribolazione (3360 circa) si trovano nell’alto vallone di Piantonetto; il punto di osservazione privilegiato è il rifugio Pontese al Pian delle Muande di Teleccio.Dalla Punta di Galisia (3346 m), un monte sulla cui sommità si incontrano i confini di Piemonte, Valle d’Aosta e Francia, si stacca in direzione sud-est un crinale fatto di cime frastagliate e appuntite che culminano nell’imponente bastionata rocciosa delle tre Levanne (3600 m circa): sono le dentate e scintillanti vette che ispirarono l’ode “Piemonte” al poeta Giosuè Carducci che nel 1890 ebbe modo di venire da queste parti mentre presiedeva gli esami di maturità a Cuorgnè.La Granta Parey (3387 m) è la montagna simbolo della Val di Rhêmes: segna il punto più occidentale del parco. Le vette del settore orientale del parco sono più basse; tra di esse spiccano la Punta Lavina (3274 m) e la Rosa dei Banchi (3164 m). Quest’ultima è molto frequentata dagli escursionisti per l’aereo panorama che offre verso la Valle Soana e la Valle di Champorcher.
La fauna del parco
Gli animali dei boschi
Capriolo: è una specie legata alla presenza dei boschi, sia di conifere che di latifoglie; che devono essere però interrotti da frequenti radure. E’ il più piccolo degli ungulati che abitano il parco. Si nutre di erba in misura modesta, mentre prevalgono nella sua dieta gli arbusti legnosi, i semi legnosi e i frutti selvatici. La presenza nel Parco è un evento recente, conseguenza dell’espansione di popolazioni frutto di rilasci a scopo venatorio fuori dal Parco. Le aree maggiormente interessate dalla presenza del capriolo sono quelle della bassa Valle Soana e Orco. Più lenta, ma progressiva, è la colonizzazione delle tre valli valdostane.
Cervo: è un animale che predilige i boschi, ad alto fusto o a ceduo, inframmezzati da radure,campi e prati. Non ama i pendii scoscesi e la neve. E’ il più grande ungulato presente in Italia, con un peso che per i maschi oscilla tra i 160 e i 210 kg. La sua dieta è composta quasi solo da erba, nella stagione invernale frammista a rami e cortecce. Il cervo è giunto nel territorio del parco in seguito alle reintroduzioni fatte in Bassa Valle d’Aosta negli anni 80′. Oggi le densità maggiori si riscontrano in Val Soana.
Cinghiale: è il progenitore del maiale domestico e ha un peso che nel maschio oscilla tra gli 80 e i 150 kg. E’ onnivoro e predilige i vegetali, che rappresentano l’80%-90% della sua dieta. La componente animale è composta da insetti e carogne. La specie non è presente naturalmente nel parco. Essa è comparsa negli anni 80′, con prime segnalazione sul lato piemontese. Attualmente la specie è presente sopratutto in Valle Soana, con le densità maggiori, e nella Valle dell’Orco. Presenze inferiori si registrano nel le valli valdostane, dove interessa aree a latifoglie della Bassa Valle di Rhemes e del Savara.
Gli animali del margine dei boschi
Il gallo forcello ( Tetrao tetrix) vive soprattutto nei boschi di conifere, specialmente nella parte superiore, nei boschi piuttosto aperti e ricchi di sottobosco. Si ciba essenzialmente di bacche e di germogli. La nidificazione della specie è accertata in tutte le valli del Parco, dalle quote minime di 1400 m fino a quasi il limite degli alberi.
Coturnice: Questa specie predilige le fasce di conifere e dei pascoli alpini: terreni scoperti o con alberi radi, in luoghi soleggiati e secchi. Il nido è situato generalmente in depressioni del terreno, riparato da arbusti, ciuffi d’erba o pietre.
La presenza delle coturnici è certa in tutte le valli, da 1200 m fino anche a 2950 m.
Gli animali degli ambienti rocciosi d’alta quota
Gipeto: è uno degli avvoltoi europei di maggiori dimensioni e recentemente è tornato a nidificare nel parco. Sulle Alpi è stato reintrodotto negli anni 80′, dopo che si era estinto a inizio 1900. Oggi nell’area protetta sono presenti tre coppie di gipeto. La scelta del Gran Paradiso come luogo di nidificazione non è stata casuale: qui infatti trova una grande abbondanza di fauna selvatica, spazi idonei alla nidificazione grazie alle molte pareti rocciose. Anche la tranquillità ha un suo ruolo: nel parco sono infatti vietati i sorvoli con elicotteri o con altri mezzi. Nel dicembre del 2018 in Valnontey è stata istituita una zona di protezione a tutela di un nido.
Aquila reale: l’aquila reale nidifica sulle pareti rocciose, oltre i 1400 metri di quota; queste devono non essere disturbate da altri animali o dall’uomo. L’aquila reale ha un’apertura alare compresa tra i 190 e i 220 cm. Si nutre principalmente di marmotte, piccoli mammiferi e altri uccelli, così come di giovani ungulati e carcasse. Nel parco, secondo i censimenti, vivono circa 27 coppie di aquile.