L’industria pesante sovietica ha creato durante il suo operato dei luoghi infernali, dove l’inquinamento raggiunge livelli mostruosi, al di fuori da qualunque metro di confronto. Parecchi dei siti più inquinati della Terra si trovano in Russia ma uno di essi risulta più preoccupante degli altri, per via della sinistra e unica forma di inquinamento che ospita. Si tratta di Ozersk, il luogo più radioattivo della terra.
Ozersk si trova nell’oblast di Celjabinsk, nella regione degli Urali, al confine tra la Russia Europea e la Russia Asiatica ( o Siberia). Quest’area, così come quasi tutte le terre ad est del Volga era abitata un tempo da popolazioni locali ( in quest’area i baschiri, popolazione turchica) e venne conquistata dall’Impero Russo nel sedicesimo secolo. Solo durante il diciottesimo secolo la regione fu però interessata da un’intensa colonizzazione russa. In pochi anni gli Urali, grazie a ricchezze minerarie incalcolabili (vi si trovano quasi tutti i minerali conosciuti) divennero il principale polo minerario dell’Impero.
Dopo la creazione dell’Unione Sovietica la regione conobbe una fortissima industrializzazione ad opera dei piani quinquennali di sviluppo industriale e questa industrializzazione crebbe ancora in seguito all’invasione tedesca dell’URSS durante la Seconda Guerra Mondiale, quando molte industrie furono spostate da occidente verso gli Urali per sfuggire all’avanzata nazista. E Fu proprio negli Urali che vennero prodotti gran parte degli armamenti che permisero la definitiva sconfitta delle armate di Hitler. Nell’area sorsero gli impianti siderurgici di Magnitogorsk, tra i più imponenti al mondo e la fabbrica di trattori di Celjabinsk ( la più grande al mondo) che durante la guerra produsse la maggior parte dei carri armati sovietici.
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale la Guerra Fredda spinse i sovietici a sviluppare un imponente apparato nucleare in competizione con gli Stati Uniti. Tra il 1949 e il 1991 quantità incalcolabili di denaro vennero spese nel programma nucleare sovietico, che produsse in questo periodo circa 55.000 testate nucleari. L’industria pesante, unita alla produzione nucleare, ha lasciato profonde tracce sull’ambiente degli Urali, uno dei più compromessi a livello globale e ha prodotto dei casi di inquinamento al limite del paradossole. Per quanto riguarda l’inquinamento radiattivo, nessun luogo ha pagato un prezzo più alto di Ozersk, la città più radioattiva della terra.
Ozersk fu il primo luogo al mondo, insieme a Richland ( stato di Washington, Usa) a produrre plutonio per le bombe atomiche. Fino al 1994 in realtà Ozersk effettivamente non esisteva neppure. Certamente esisteva nella realtà, ma nella pianificazione sovietica e per il mondo al di fuori di essa era un luogo inesistente. Fino a quell’anno fu conosciuta come Celjabinsk-65 o Celjabinsk-40 ( oltre che come Città-40, Grad 40) ed era una città segreta. Per chi volesse approfondire su Netflix è presente un documentario chiamato “City-40” al riguardo. Nel 1994 ne fu riconosciuta l’esistenza e gli venne dato lo status di città, nonchè il nome di Ozersk. Nonostante questo la città rimane ancora oggi una “città chiusa” e gli stranieri non vi sono ammessi. Ciò è dovuto alla presenza dell’impianto di Mayak ( “faro” in russo) che produsse gran parte del plutonio dell’Unione Sovietica e che ancora oggi è attivo per il riprocessamento dei rifiuti radioattivi e del materiale delle testate nucleari decommissionate. Oggi l’impianto copre 90 chilometri quadrati e impiega 15.000 persone, ma in passato furono certamente molte di più.
Decine di anni di produzione di plutonio su larghissima scala, uniti alla scarsissima considerazione delle autorità sovietiche per l’ambiente e la salute dei cittadini hanno creato qui un ambiente radioattivo senza paragoni nel mondo. Tra il 1945 e il 1957 gli scarti della produzione nucleare e i rifiuti radioattivi furono scaricati senza alcun trattamento preliminare direttamente nell’area intorno agli impianti e nel fiume Techa, un fiume a lento scorrimento . Circa 124.000 persone a valle del rilascio furono interessate da livelli insostenibili di radioattività.
Il luogo che più di tutti simboleggia però i livelli spaventosi di inquinamento radioattivo qui raggiunti è il Lago Karachay, nei pressi di Mayak, che fu usato per decenni come destinazione finale per lo scarico dei rifiuti radioattivi. Il lago ha accumulato nel corso del tempo 4.4 exabequerel ( Ebq)di radioattività. Il disastro di Chernobyl, a paragone, ha liberato tra i 5 e i 12 Ebq di radioattività. Di questi però solo 0.085 Ebq erano costituiti da cesio-137 ( composto radioattivo più contaminante, che si deposita nei terreni) mentre gli altri erano formati da composti volatili che non sedimentano sui terreni. Nel lago Karachay invece ben 3,4 Ebq ( la maggior parte della radioattività presente) è composta da cesio-37, una quantità 40 volte superiore a quella rilasciata dal disastro di Cernobyl. Aggiungiamo poi che la radioattività di Cernobyl ricadde su un’ampissima fetta di territorio, mentre il Lago Karachay misura poco più di un chilometro quadrato di estensione. Questi crudi dati ci fanno capire l’estensione del disastro.
La città di Ozersk e il complesso di Mayak sono poi tristemente famosi per le decine di incidenti nucleari avvenuti nel corso degli anni, con rilascio di enormi quantità di radioattività nell’aria. Il peggiore di questi incidenti avvenne nel 1957 ed è conosciuto come il disastro di Kytshym ( all’epoca la città conosciuta più vicina al luogo del rilascio). Il 29 settembre di quell’anno un contenitore di circa 70-80 tonnellate di materiale radioattivo esplose, portando a una ricaduta radioattiva che interessò una popolazione di circa un milione e mezzo di persone. L’incidente è oggi considerato come il terzo peggiore nella storia dell’energia atomica, dopo quello di Cernobil del 1986 e di Fukushima nel 2011 e classificato come un incidente di grado 6 sulla scala dei disastri nucleari che va da 0 a 7.
Nel 2017 purtroppo Mayak ha ancora un’altra volta fatto parlare di sé. Tra l’ottobre e il novembre di quell’anno infatti diversi istituti di ricerca europea hanno registrato sui loro territori livelli di radioattività ben maggiori di quelli ordinari, in molti casi i più alti dai tempi del Disastro di Cernobyl. In particolare è stato rilevato un aumento esponenziale della concentrazioni di rutenio-106. A inizio 2018 e poi ancora nel 2019 diverse ricerche hanno concluso che l’origine del rilascio si trova negli Urali Meridionali, dove è situato il complesso di Mayak. Ci sono possibilità molto alte che il rilascio di materiale radioattivo si sia originato proprio a Ozersk, anche se le autorità russe non hanno mai confermato il fatto.
Il caso di Ozersk dimostra come a scopi militari e di difesa spesso le normali procedure ambientali e di sicurezza della popolazione possano essere messe da parte nel modo più spietato. Bisogna però altresì considerare come la situazione di Ozersk sia stata resa così estrema da una feroce dittatura e da un governo totalitario pronto a fare qualsiasi cosa per il perseguimento dei suoi obiettivi.