Secondo l’Agenzia Ambientale Europea (EEA) l’inquinamento atmosferico continua ad avere pesanti effetti sulla popolazione, specialmente quella delle aree urbane. I principali inquinanti presenti nell’aria sono tre: 1) Polveri sottili (Pm) 2) biossido di azoto (NO2) 3) ozono troposferico (O3). I primi due sono inquinanti prevalentemente invernali, mentre l’ozono è un inquinante tipicamente estivo.
L’inquinamento si conferma un fardello sanitario ed economico fortissimo. In Italia si stima che ogni anno l’inquinamento provochi 60.000 morti premature. Il danno economico si aggira per il nostro paese tra i 47 e i 142 miliardi di euro all’anno, mentre a livello europeo è compreso tra i 330 e i 940 miliardi. Si tratta di cifre enormi. L’inquinamento dell’aria è di gran lunga la principale minaccia ambientale alla salute umana ed è inoltre percepito come la seconda più grande minaccia ambientale dopo il cambiamento climatico.
Particolarmente insidioso per la salute è il particolato atmosferico (Pm). Il particolato non è altro che l’insieme delle particelle di piccole dimensioni presenti nell’aria. Il particolato può essere di origine naturale (particelle di sabbia, aerosol) oppure di origine antropica (frutto della combustione di sostanze fossili). Un’altra fonte notevole di particolato atmosferico sono gli incendi. Il particolato è spesso diviso tra particolato primario (per lo più di origine organica) e particolato secondario (per lo più di origine inorganica). Il particolato primario è frutto della combustione del legname e di biomasse, mentre il particolato secondario deriva principalmente dal trasporto su gomma e (in misura minore) dal riscaldamento e dai processi industriali. In molte aree rurali (soprattutto di montagna) il particolato primario è la prima fonte di inquinamento atmosferico, mentre nelle città è prevalentemente il particolato secondario. L’ozono è anch’esso un inquinante molto pericoloso.
La normativa europea e nazionale prevede degli obiettivi per la qualità dell’aria: i livelli di polveri sottili non devono superare il limite giornaliero per più di 35 giorni, mentre per l’ozono il limite è di 25 giorni (limite complessivo pari quindi a 60 giorni). Tra i capoluoghi di provincia italiani la situazione peggiore per il 2019 ha riguardato Torino: qui, tra Pm10 e Ozono, i valori limite sono stati superati per ben 147 giorni. Le altre città più inquinate sono state Lodi (135 giorni di superamento) e Pavia (130 giorni di superamento). Per il PM le città più inquinate sono state: Torino (Centralina Grassi, 86 giorni), Milano (centralina Marche, 72 giorni), Rovigo ( 69), Frosinone ( 68), Venezia ( 68), Alessandria ( 66), Padova e Pavia ( 65). Per l’ozono le città peggiori sono state: Lodi e Piacenza (80 giorni), Lecco (73), Bergamo (72), Monza e Pavia ( 65).
Tra il 2010 e il 2019 Torino ha sperimentato ben 1086 giorni “fuorilegge”, seguita da Frosinone (1000 giorni). Milano ha sperimentato 896 giorni di sforamento. Come si può ben vedere la realtà geografica che presente maggiori problematiche è la Pianura Padana.
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