Il Fiume Bormida
Il fiume Bormida è un corso d’acqua estremamente complesso. Essa ha ben tre rami sorgentizi: la Bormida di Millessimo, la Bormida di Mallare e la Bormida di Pallare. La Bormida di Millessimo, asta principale del sistema, nasce dal Colle di Scravaion ( Castelvecchio di Rocca Barbena), in Provincia di Savona, Liguria. Dopo oltre 90 chilometri di corso essa riceve la Bormida di Spigno, data dall’unione delle due Bormide di Mallare e Pallare. La Bormida di Mallare nasce dal Monte Alto, nelle Alpi Liguri, in Provincia di Savona; mentre la Bormida di Pallare nasce dal Monte Settepani, presso il Colle del Melogno ( anch’esso nel Savonese).
Le due Bormide sopra menzionate si uniscono presso San Giuseppe di Cairo ( frazione di Cairo Montenotte) e successivamente entrano in territorio piemontese presso Saliceto. A Bistagno le due Bormide rimanenti si uniscono, per poi sfociare nel Tanaro ad Alessandria. In totale il corso d’acqua è lungo ben 180 chilometri e drena un bacino idrografico molto vasto ( più di 2600 chilometri quadrati).
I primi anni della fabbrica
Proprio sulle rive della Bormida di Spigno, a Cengio ( ultimo comune ligure prima del Piemonte, in quel territorio già dai caratteri tipicamente piemontesi noto come Val Bormida) sorse per moltissimo tempo ( più di cento anni) una delle fabbriche più controverse della storia italiana. Tutto nacque nel lontano 1882. Quell’anno lungo le rive della Bormida venne creato un dinamitificio ( Dinamitificio Barberi), che nel 1890 dava già lavoro a 900 operai. Nel 1906 la fabbrica divenne proprietà della Società Italiana Prodotti Esplodenti, che fornì l’esplosivo per la Guerra di Libia.
Intanto già a inizio 900′ l’inquinamento aveva reso inutilizzabili le acque del fiume e nel 1909 gli acquedotti di Saliceto ( poco a valle della fabbrica) vennero chiusi.
Durante la Prima Guerra Mondiale la fabbrica lavorò a pieno regime e raggiunse il numero considerevole di 6000 occupati. Nel 1922 l’acquedotto di Cortemilia ( oltre 20 chilometri a valle) venne chiuso. Nel 1925 l’Italgas rilevò gli impianti ( che erano situati anche nel milanese, a Rho e Cesano Maderno) e poi nel nel 1931 fu il turno della Montecatini e dell’IG FARBEN. Durante la Guerra d’Abissinia l’ACNA ( questo ormai il nome dell’azienda) produsse la maggior parte dei gas chimici utilizzati in Eritrea ed Etiopia. Questo gli valse successivamente l’appellativo di “fabbrica della morte, o di fabbrica dei veleni”.
Gli anni delle proteste
Il 12 maggio 1956 la prima grande manifestazione dei valligiani contro l’inquinamento ebbe luogo a Saliceto. Le autorità arrestarono 52 manifestanti, situazione emblematica del clima di quegli anni. Nel 1969 le autorità chiusero l’acquedotti di Strevi, a valle di Acqui Terme, testimoniando che ormai le acque contaminate erano giunte oltre 60 chilometri più a valle. Nel 1976, dopo il disastro di Seveso, fu introdotta la cosidetta “Legge Merli”, che prevedeva dei limiti di qualità delle acque. I vertici della società incominciarono quindi a sversare gli inquinanti di notte, oppure a diluirli moltissimo per stare sotto i limiti di legge. Nel 1979 la fabbrica arrivò a produrre il 65% della produzione mondiale di cloruro d’alluminio.
Il 1 settembre 1987 segnò una data spartiacque. A Saliceto venne creata “l’associazione per la rinascita della Val Bormida” che negli anni successivi portò avanti una battaglia serrata contro la fabbrica. Nel novembre dello stesso anno gli abitanti della valle disertarono le urne nel referendum sul nucleare. Il 2 giugno dell’anno successivo i manifestanti valligiani bloccarono una tappa del Giro d’Italia con arrivo in zona, ottennenendo per la Val Bormida visibilità nazionale.
Nel 1989 si iniziò a parlare della costruzione di un inceneritore per il recupero dei fosfati, utilizzabili anche da altre aziende. La reazione dei locali non si fece attendere e molti di essi manifestarono al Festival di Sanremo, dove personaggi come Gino Paoli, Albano e Romina perorano la loro causa. Sempre nello stesso anno, come segno di protesta, il 92% dei residenti della Val Bormida si astenne alle elezioni europee.
La Fine
Nel 1988 la Montedison ( fusione tra la Edison e la Montecatini) conferì le attività dell’ACNA alla neonata Enimont, e dopo il fallimento di quest’ultima nel 1991, alla Enichem. La Enichem però non considerò la fabbrica un buon investimento, dato gli impianti ormai obsoleti e il deficit da ben 80 miliardi di lire. Per questo spinse per la realizzazione dell’inceneritore per fosfati che nel 1992-1993 era in costruzione. Nel 1993 la costruzione dell’inceneritore venne però bloccata, a causa della mancanza della valutazione di impatto ambientale ( V.I.A). Mentre nel 1998 la Legge numero 426 inserì l’ACNA tra i siti di interesse nazionale per elevate problematiche ambientali. Nel 1999, dopo ben 117 anni di attività, la fabbrica chiuse definitivamente i battenti.
La bonifica
A partire dalla chiusura è iniziato un processo di bonifica che si sarebbe dovuto concludere nel 2020. Nel 2000 un’inchiesta parlamentare sui rifiuti dichiarò che probabilmente fanghi altamente tossici del sito Acna sono stati smaltiti nella discarica di Pianura, tra Napoli e Pozzuoli. L’attività della fabbrica, protattasi per quasi 120 anni, ha lasciato tracce indelebili nei terreni e nelle falde di tutta la Val Bormida. Una relazione dell’Arpal ( Arpa Liguria) del 2016 presentava infatti la presenza di sabbie altamente cancerogene nel sito da bonificare.
Altri problemi ambientali della Val Bormida
Purtroppo l’alto corso della Bormida di Spigno deve fare i conti con i problemi ambientali creati da altri due grossi complessi industriali: l’impianto 3M di Ferrania, per la produzione di pellicole fotografiche, e l’impianto dell’Italiana Coke di Bragno.
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