Le sabbie bituminose dell’Alberta (in inglese oil sands oppure tar sands) sono enormi depositi di bitume ( o altre forme di petrolio molto pesante) situate nella parte centro-settentrionale della provincia canadese dell’Alberta, situata nell’ovest del paese. Queste sabbie sono anche chiamate sabbie bituminose dell’Athabasca, poiché si trovano lungo la valle di questo fiume, che nasce dalle Montagne Rocciose e sfocia nel Lago Athabasca, collegato poi tramite un sistema di laghi al fiume McKenzie.
Le sabbie bituminose
Le sabbie bituminose sono situate sotto una superficie di circa 140.000 chilometri quadrati, per lo più in una zona interessata dalla foresta boreale e da depositi di torba. Le sabbie bituminose permettono, dopo vari processi, l’estrazione del petrolio. Si stima che le sabbie bituminose dell’Athabasca contengano una quantità enorme di petrolio, per un totale di 1700 miliardi di barili, equivalenti alle intere riserve mondiali di petrolio convenzionale ad oggi conosciute. Lo sfruttamento completo di queste riserve sarebbe sufficiente a garantire l’attuale consumo mondiale per oltre cinquant’anni. Queste riserve pongono il Canada al terzo posto a livello mondiale, dietro l’Arabia Saudita e il Venezuela (sabbie bituminose dell’Orinoco). Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia sarebbero sfruttabili con le tecnologie attuali circa il 10% di queste riserve, pari a oltre 170 miliardi di barili (la produzione annuale mondiale è di circa 29 miliardi di barili).
La conoscenza delle sabbie bituminose risale ad oltre cento anni fa. Già nei primi anni del Novecento infatti molte persone si rifornivano dalle sabbie bituminose come fonte energetica locale. Lo sfruttamento intensivo delle sabbie bituminose cominciò però a partire dagli anni Settanta, quando la società Syncrude aprì la propria miniera nel 1978, miniera che sarebbe diventata la più grande (come superficie) a livello mondiale. Lo sviluppo delle sabbie bituminose negli anni Settanta fu dovuto in primo luogo alle due crisi petrolifere del 1973 e del 1979. Queste crisi, infatti, causarono un forte aumento del prezzo del petrolio, dovuto per lo più alla formazione dell’Opec. Per dipendere meno dalle importazioni arabe gli Stati Uniti cercarono di promuovere il settore petrolifero interno, così come fece il Canada (per lo più per esportare verso gli Usa, principali consumatori). Il prezzo elevato inoltre sostenne le operazioni per estrarre il petrolio dal bitume, operazioni assai più costose che per le fonti tradizionali.
Dopo un picco del prezzo del petrolio nel 1980 però i prezzi crollarono, rimanendo molto bassi fino al 2000. Questo portò allo stop di molte attività in Alberta. Dopo il 2000 il nuovo aumento repentino del prezzo del petrolio rese di nuovo economicamente fattibili le operazioni, che anzi ebbero un vero e proprio boom. Nel 2006 la produzione aveva ormai raggiunto 1,1 milioni di barili al giorno, nel 2010 si raggiunsero gli 1,6 milioni e nel 2020 i 2,6 milioni. A fronte dell’attuale basso prezzo del petrolio le prospettive di sviluppano restano incerte.
Operazioni attuali
Nonostante la superficie potenzialmente utile superi i 100.000 chilometri quadrati, ad oggi la gran parte delle operazioni è situata poco a Nord della cittadina di FortMcmurray, che ha ormai raggiunto i 75.000 abitanti (2018). Tale zona di operazioni è situata in un’area remota lungo il fiume Athabasca e la stessa FortMcMurray è il centro abitato maggiore per centinaia di chilometri, situato a 435 chilometri di strada da Edmonton. La città è un classico esempio di “boom-town”, la cui costruzione si deve esclusivamente alla presenza del petrolio. Il motivo per cui le operazioni sono situate qui è il fatto che nella zona le sabbie bituminose si trovino a pochi metri al di sotto del terreno, mentre altrove esse sono situate anche a 40 metri di profondità.
Le tecniche di sfruttamento sono essenzialmente due: surface-mining ( sfruttamento a cielo aperto) e in-situ. La prima forma consiste nello scavare il terreno ed estrarre le sabbie a cielo aperto, come se si fosse in una cava. Il secondo consiste nell’immettere acqua pressurizzata e componenti chimici nel terreno, componenti che liquefano le sabbie, che poi vengono pompate dal terreno come petrolio convenzionale. Ad oggi sono nove le società che operano nell’area. Tra le principali possiamo citare le canadesi Syncrude ( HQ: Fort McMurray), società storica e fino ai primi anni 2000 quasi l’unico player nella zona, Canadian Natural Resources ( HD: Calgary, Alberta), Suncor Energy ( HQ: Calgary, Alberta), Imperial Oil ( HQ: Calgary, Alberta) partecipata al 60% da Exxon Mobil. Tra le straniere il peso predominante è portato dalle due multinazionali europee Royal Dutch Shell e Total. Queste due società hanno ampliato enormemente la loro presenza dopo il 2010 e ad oggi Shell è il principale produttore dell’Athabasca.
Gli impatti ambientali
Gli impatti ambientali prodotti dall’estrazione delle sabbie dell’Alberta sono enormi. La superficie complessiva occupata dalle operazioni a cielo aperto copre ormai tra i 900 e i 1000 chilometri quadrati, una superficie paragonabile a quella di una piccola provincia italiana (Il comune di Milano ha una superficie di 180 chilometri quadrati). Le operazioni sono visibili chiaramente dallo spazio e rappresentano una delle più grandi impronte dell’umanità sul pianeta. Gli enormi bacini di decantazione delle miniere, dove sono mischiate le sabbie con l’acqua del fiume e i prodotti chimici, sono vaste come città e occupano decine di chilometri quadrati. In totale i bacini di decantazione sono talmente grandi da occupare un volume pari a 500.000 piscine olimpioniche.
Le emissioni legate alla produzione non-convenzionale delle sabbie sono molto più elevate rispetto al petrolio convenzionale e secondo il governo dell’Alberta contribuiscono per un quarto alle emissioni complessive dello stato, che per altro possiede molti progetti petroliferi tradizionali. Lo sviluppo di questo tipo di petrolio ha rappresentato di gran lunga il maggior aumento al contributo di C02 in Canada dal 2005 al 2015. Gran parte della produzione petrolifera canadese è esportata, in particolare quella ricavata dalle tar sands, che finisce quasi per intero alle raffinerie statunitensi. L’oleodotto Keystone, costruito in fasi tra il 2008 e il 2017, trasporta il petrolio dell’Alberta alle raffinerie dell’Illinois ( Patoka e Wood River) e del Texas ( Houston e Port Arthur).
Il progetto Keystone XL
Il progetto Keystone XL prevede di portare il petrolio dell’Alberta alle raffinerie statunitensi del Golfo del Messico, passando per un percorso più breve. L’oleodotto avrà anche un diametro maggiore e potrà trasportare fino a un milione di barili al giorno. Secondo il progetto dovrebbe partire da Hardisty e terminare a Steele City, Nebraska. Da qui il petrolio continuerà lungo il vecchio tragitto Keystone fino in Texas. Dovrebbe attraversare Montana, South Dakota e Nebraska. A Baker esso raccoglierà anche parte del petrolio prodotto nel bacino di Williston ( North Dakota). Il progetto, bloccato da Obama nel 2015, è stato ripreso da Trump nel 2017. Particolarmente sensibile l’attraversamento delle Sand Hills del Nebraska.
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