Un’evento alluvionale poco conosciuto: l’Alluvione della Val d’Ossola del 1987

Nel mese di agosto del 1987, all’incirca un mese dopo l’alluvione che colpì la Valtellina, un evento alluvionale di notevole portata colpì la Val d’Ossola e in particolare la Val Formazza. L’evento si sviluppò tra il 24 e il 25 di agosto, in corrispondenza di un’altra alluvione che, oltre confine, nella vicina Svizzera, colpì duramente il Cantone di Uri, localizzato proprio a Nord della Val Formazza. Ad essere interessato dalla piena fu il bacino del fiume Toce e altri sotto-bacini, come quelli dell’Ovesca, dell’Anza e dello Strona.

Eventi meteorologici

Tutto incominciò il 23 agosto, quando una vasta depressione atlantica si affacciò sull’Europa. Il minimo, centrato sulle Isole Britanniche, innescò correnti meridionali molto umide verso l’Italia Nord-Occidentale. Lo spostamento della perturbazione verso Est fu bloccato dalla presenza di un campo di alta pressione estremamente solido sull’Europa Orientale. Il giorno 24 precipitazioni diffuse interessarono tutta la Val d’Ossola, con valori generalmente superiori ai 50 mm praticamente ovunque (a Sambughetto, in Val Strona, caddero circa 100 mm, mentre a Forno d’Omegna caddero addirittura 232 mm). Nella notte tra il 24 e il 25 fece il suo ingresso la parte fredda del sistema frontale, in concomitanza si creò una convergenza dei venti sul Piemonte Settentrionale, specialmente sull’Ossola. Quel giorno era presenta sul Nord-Ovest anche il ramo ascendente della corrente a getto. Questo causò lo sviluppo di forti nuclei convettivi (temporaleschi) che si mossero con direzione da sud-ovest verso nord-est e interessarono specialmente il versante orografico destro della valle. Furono colpite da precipitazioni torrenziali specialmente la Val Formazza, la Valle Antrona (bacino dell’Ovesca) e la Valle Anzasca (bacino dell’Anza). Anche la stessa città di Domodossola fu duramente colpita. Il giorno 25 agosto ben 247,6 mm di pioggia caddero a Domodossola e addirittura 293 mm ad Anzino. In Val Formazza caddero 180 mm a Ponte e 198 mm a Cadarese. La quota neve rimase inizialmente alta, verso i 3000-3200 metri e a fine evento scese verso il 2500 metri. Questo significò per il bacino del Toce e degli affluenti un apporto quasi solo liquido, con aggravio delle condizioni alluvionali.

Conseguenze

Val Formazza

Nonostante i quantitativi maggiori di precipitazione interessarono la Val Strona (386 mm totali dell’evento a Sambughetto), i danni di gran lunga più rilevanti si ebbero in Val Formazza. Questo potrebbe essere stato dovuto alle pendenze particolarmente accentuate di questa valle. Un numero impressionante di frane e allagamenti sconvolse la vallata, che rimase a lungo isolata. Qui crollarono cinque ponti e novecento turisti rimasero intrappolati. L’isolamento fu dovuto all’asporto della SS659 in località “Le Casse”. Da Fondovalle a Sotto-Frua (frazioni di Formazza) il fondovalle fu interessato da colate detritiche che ostruirono la strada in più punti. Nell’abitato di Valdo la furia del torrente Vannino portò all’allagamento di un campeggio e di parte dell’abitato. Il fiume tracimò anche nella frazione di Fondovalle, allagando la piana. Nella Valle Antigorio furono colpiti i comuni di Premia e Crodo. Nel comune di Crodo, tra la località di Verampio e le Terme, si ebbero colate detritiche lungo il rio Antolina, il rio Golernia e il Rio Grande. Quest’ultima provocò ingenti danni alle terme di Crodo. A Verampio il Toce, ricevute le acque del torrente Devero, fuoriuscì in destra, allagando la piana (compresa la centrale elettrica). All’altezza della traversa Enel il Toce tracimò e allagò la zona retrostante (la traversa ha una portata di ben 1000 metri cubi al secondo e il fiume aveva una portata superiore in quel momento). Nella forra di Pontemaglio l’acqua fu tanta da arrivare quasi al piano stradale, all’imbocco della galleria.

Valle Anzasca

Frane si ebbero a Borca e Pestarena, che interruppero la viabilità in diversi punti. Ronco e Moos vennero minacciate dalle acque del torrente Anza

Val Divedro

Uno smottamento interessò la Strada Statale 33 del Sempione tra Varzo e Iselle.

Fondovalle ossolano

A Pallanzeno circa cento persone vennero evacuate. Questo a causa di una frana che si incanalò nel Rio Moiona.

La distribuzione geografica dei temporali, parte 1

Meteorologia

La localizzazione dei temporali: distribuzione globale

Quanto sono frequenti i temporali? Quali sono le aree maggiormente interessate da questi fenomeni? Si tratta di due interrogativi di non semplicissima risoluzione poichè in realtà abbiamo dati meteorologici lunghi e attendibili solo per poche aree del nostro vasto pianeta. In più, data l’importanza dei cosiddetti “microclimi” possiamo aspettarci differenze climatiche notevoli anche tra aree situate relativamente vicino. Per questo conoscere i dati meteorologici su un’area precisa è fondamentale. Spesso è il numero di fulminazioni ( ovvero numero di fulmini che colpiscono il territorio)a fornirci un valido aiuto per determinare le aree più temporalesche. Questi dati ci dicono che i temporali avvengono molto di più sulla terraferma che non sugli oceani. Questo a causa del fatto che il mare si riscalda ( e si raffredda) molto meno rapidamente della terra-ferma. Un fattore fondamentale della formazione dei temporali è infatti il forte riscaldamento della superficie che provoca l’ascensione dell’aria calda ( convezione). Un altro fattore essenziale è costituito dall’orografia: i temporali sono molto più frequenti sulla catena montuose che sulle aree pianeggianti e il mare può essere equiparato ad un’area pianeggiante. Il fatto che le aree montuose siano generalmente più temporalesche è dovuto alla sollevazione delle nuvole sui pendii, lo stesso principio che provoca maggiori precipitazioni ( effetto stau) sulle montagne esposte ai flussi umidi.Chiunque sia stato al mare in una calda giornata d’estate avrà a volte certamente notato che, mentre il mare è completamente sgombro da nuvole guardando verso la terraferma si notano al contrario nuvolette ( chiamate cumuli). Chiunque si sia recato in una località di mare vicino ad aree montuose avrà forse notato che queste nuvolette sono generalmente più compatte e numerose in corrispondenza proprio delle montagne. Quest’osservazione non è altro che la sperimentazione di questi due principi.

A livello globale possiamo notare come generalmente le aree più colpite da fulmini si trovano nella fascia equatoriale. Questo è dovuto al forte riscaldamento della superficie provocato dai violenti raggi solari ( che qui arrivano perpendicolarmente alla superficie terrestre) nonché spesso alla presenza di venti locali, che arrivando da direzione diverse vanno a creare la cosiddetta Area di Convergenza Interpropicale, una vasta fascia latitudinale in cui le masse d’aria calda collidono costantemente, andando a generare continui temporali. Alcune aree poi aggiungono a questi fattori a larga scala particolari caratteristiche microclimatici, come la presenza di catene montuose o conche chiuse che esaltano ancora di più l’attività temporalesca, rendendo queste zone dei veri e propri hot spot. dei temporali.

Sono due le zone del mondo che si contengono la palma di località più temporalesca in assoluto: stiamo parlando della Laguna di Maracaibo ( in Venezuela) e il Bacino Orientale del fiume Congo ( Africa Centrale). Nel primo caso la frequenza dei temporali, praticamente giornaliera, ha dato origine alla cosiddetta denominazione di “Fulmini del Catatumbo”, che hanno per molti anni guidato le navi in questa zona, quasi come un enorme faro naturale. La particolarità che rende la laguna di Maracaibo tanto temporalesca è quella di essere aperta sul mare e di avere elevate montagne alle spalle. Questo crea un gioco di correnti che provoca temporali praticamente ogni giorno. La seconda area, il bacino orientale del Congo vede sommarsi ad un contesto equatoriale già molto interessato da fenomeni convettivi l’effetto stau: troviamo infatti la catena dei Monti Virunga, che separa il Bacino del Congo dalla Rift Valley dell’Africa Orientale. Bisogna però dire a buona ragione che le aree equatoriali sono così frequentemente interessate dalla cumulonegesi anche perché la stagione dei temporali dura praticamente tutto l’anno, a causa delle temperature costantemente elevate. Nelle aree alle medie latitudini ( come la nostra) le condizioni per la formazione dei temporali sono invece generalmente presenti solo nelle stagione calda. Alle medie latitudini il fattore più importante per la formazione di fenomeni convettivi non è però il calore, bensì la presenza e lo scontro di masse d’aria di origine differente, cosa che generalmente non avviene alle latitudini più basse o più alte ( dove le masse d’aria sono quasi sempre le stesse). Nelle aree temperate quindi i temporali sono generalmente un fenomeno stagionale, collegato di solito alla parte più calda dell’anno ( l’estate sopratutto). Se guardiamo una mappa delle fulminazioni in Europa notiamo subito un grande contrasto: le aree più meridionali sono generalmente più temporalesche di quelle settentrionali, ma la cosa è molto più complessa. Le aree più temporalesche d’Europa sono infatti situate nella regione alpina e nell’Europa Centro-Orientale, in aree decisamente continentali. Senza sorpresa sono poi le aree montuose di quest’area ( Alpi, Carpazi, monti dei Balcani etc.) a presentare la maggiore attività. Al contrario La Pensiola Scandinava, le Isole Britanniche e la Penisola Iberica sono le aree meno soggette a temporali. Nel caso della Pensiola Iberica si nota in realtà una marcata differenza: le aree orientali sono assai più temporalesche di quelle occidentali. Generalmente le aree interessate da clima atlantico, seppur caratterizzate da clima molto instabile, hanno pochi giorni di temporali. Questo è dovuto generalmente alla mancanza di una massa d’aria calda di origine continentale o mediterranea sulla regione. Sulle Isole Britanniche, ad esempio, molti temporali si verificano in seguito ad episodi caldi associati a masse d’aria calda di origine continentale. Lo stesso vale sulla Penisola Scandinava. In entrambe le aree le zone caratterizzate da attività temporalesca più frequente sono infatti quelle più meridionali o vicine al Continente, che hanno quindi maggior possibilità di essere raggiunte da aria più calda. Nelle Isole Britranniche ad esempio l’attività temporalesca è quasi assente in Irlanda e Scozia mentre aumenta sensibilmente nell’Inghilterra Orientale e Sud-Orientale. In Svezia, le regioni più meridionali ( es. Scania) presentano un numero di temporali decisamente maggiore che le aree più a nord. Dalla mappa vediamo una grande sorpresa: qual’è l’area più temporalesca d’Europa? E’ proprio dove abitiamo noi! Il versante meridionale delle Alpi ( le Prealpi Italiane quindi) e le aree limitrofe sono infatti le aree più fulminate d’Europa!! Studi più approfonditi sembrano suggerire che in questa grande area le aree più colpite siano due: la prima si estennde nel Piemonte e nella Lombardia Settentrionali, interessando un’area compresa tra il Biellese e il Lago di Como. La seconda interessa le Prealpi Venete e Friulane e le rispettive pedemontane. L’attività temporalesca si mantiene però elevata su tutte le Alpi Centro-Orientali, sia italiane sia estere, con fulminazioni molto frequenti anche su Svizzera, Germania Meridionale, Austria e Slovenia. Sulle Alpi Occidentali si hanno valori più bassi, anche se comunque elevati mentre le aree più interne della catena vedono valori decisamente minori ma comunque superiori a gran parte dell’Europa. Perchè le Alpi possono essere considerata l’area più temporalesca d’Europa? Innanzi tutto esse sono situate in una posizione nè troppo meridionale nè troppo settentrionale: questo favorisce la presenza ( in estate) sia di masse d’aria caldo-umida di origine mediterranea sia di aria più fredda di origine nordeuropea. Mentre l’Europa Mediterranea vede tempo stabile e pochissimi temporali le Alpi sono invece frequentemente interessate da perturbazioni atlantiche durante l’estate, che trovando aria più calda preesistente provocano i temporali. L’effetto stau fa poi il resto, concentrando i temporali sui rilievi.

La Scala Fujita

Meteorologia

Come si misura l’intensità di un tornado? Attraverso la scala Fujita. Questa scala prende il nome da Ted Fujita, dell’Università di Chicago, che la ideò in collaborazione con Allen Pearson ( capo del National Severe Storms Forecast Center). Fujita e Pearson nel 1972 pensarono ad una scala in base 12 che rimodulasse la Scala Beaufort delle raffiche di vento: il livello 1 corrispondeva a raffiche di vento pari al dodicesimo grado (il massimo) della Scala Beaufort mentre il livello 12 corrispondeva teoricamente a Mac1 ( ovvero alla velocità del suono). I livelli da 6 a 12 si dimostrarono puramente teorici, in quanto oggi si sa bene che nessun tornado è in grado di produrre venti della velocità del suono ( i venti più violenti di un tornado superano i 500 km/h, mentre la velocità del suono è di 1226 km/h). Ad aumentare della velocità del vento aumentano ovviamente anche i danni.

Da F1 a F5: velocità del vento e danni collegati

  • Un tornado di grado F0 produce venti tra i 64 e i 116 km/h. Questi tornado causano danni ai camini e ai rami degli alberi, che vengono spezzati.
  • Un tornado F1 ha venti tra i 117 e i 180 km/h. Il limite dei 117 km/h corrisponde alla velocità minima dei venti di un uragano: tetti di legno e prefabbricati possono essere distrutti, i veicoli vengono spostati fuori dalle strade e le roulottes vengono danneggiate.
  • Un tornado F2 ha venti tra i 181 e i 253 km/h: i tetti vengono scoperchiati, grandi alberi vengono abbattuti.
  • Un tornado F3 ha venti tra 254 e 332 km/h: ( valore quest’ultimo pari ai venti più violenti mai registrati al di fuori dei tornado in uragani,cicloni e tifoni): i tetti e alcuni muri delle case in muratura vengono abbattuti, i treni spostati, la maggior parte degli alberi abbattuti e auto pesanti sollevate.
  • Un tornado F4 ha venti tra i 333 e i 418 kh/h. Si tratta di una forza sconvolgente, che provoca danni ingentissimi: case ben costruite in muratura vengono demolite, le macchine vengono lanciate in aria e ricadono anche a più di 100 metri di distanza
  • Un tornado F5 vede l’apice del danno, è un vero mostro, con venti tra i 418 e i 512 km/h, un danno che è stato definito come paragonabile a quello di un bombardamento a tappeto. Un tornado F5 è un vero e proprio mostro in grado di strappare le case dalle loro fondamenta e disintegrarle in aria, di scagliare automobili a centinaia di metri di distanza, di far crollare grattacieli e di scorticare gli alberi. In molti casi si è notato come tornado F5 abbiano strappato l’asfalto dalle strade e completamente asportato l’erba dai prati.

Tipi di danno

  • F1

Temporali estremi in un contesto non favorevole: le supercelle inglesi del 28 giugno 2012

Meteorologia

Le isole Britanniche ( Gran Bretagna e Irlanda) non sono un luogo ideale per lo sviluppo dei temporali, sopratutto di quelli più violenti. Quest’area geografica ha infatti generalmente delle estati troppo fredde per lo sviluppo di CAPE, manca spesso del soleggiamento necessario al forte riscaldamento del terreno e alla conseguente convezione e spesso manca di un reale scontro tra masse d’aria diverse., essendo per la maggior parte del tempo interessata da masse d’aria atlantiche di provenienza sud-occidentale. Nonostante questo il Regno Unito ha una media di circa 40 tornado all’anno, che però tendono a svilupparsi in condizioni di Wind-shear elavato e CAPE basso. Per questo motivo i tornado nel Regno Unito sono generalmente deboli, essi inoltre avvengono in autunno con la stessa frequenza dell’estate, a testimoniare ancora una volta come sia il wind-shear a giocare il ruolo preponderante. Il 28 giugno 2012 però la combinazione assai inusuale tra wind-shear e CAPE elevato ha portato alla creazione di temporali supercellulari nella Midlands e nel Nord-Est, andando a creare un evento straordinario che ha pochi riscontri per intensità nella storia meteorologica britannica.

Fotografia scattata quel giorno in Inghilterra: si notano grandi cumulonembi, presenza piuttosto rara nel cielo inglese.

. L’evento del 28 giugno si è realizzato a partire da una condizione sinottica nota come “Spanish Plume” ( traducibile come “pennacchio spagnolo”). In questo caso una massa d’aria calda si muove dal Mediterraneo e dall’entroterra spagnolo in direzione Nord, attraversando l’Oceano e spingendosi fino alle Isole Britanniche. Questa condizione porta condizioni di calura e di afa sulle isole, specialmente sull’Inghilterra Meridionale. Episodi di questo genere accadono spesso in Inghilterra ma generalmente non sono accompagnati da instabilità. Il 28 giugno invece era presente anche il cosidetto ” Low-level Jet”, ovvero una corrente di aria che scorre a circa 1500 metri di quota che ha introdotto una vorticità ( wind-shear) estremamente intensa. La presenza di una depressione a sud-ovest dell’Irlanda ha fatto il resto, introducendo una componente fredda e instabile in quota. Questa bassa pressione, spostandosi verso nord, ha dato poi tutto il tempo all’aria calda e umida per sedimentarsi al suolo.

Situazione sinottica del 28 giugno: si nota molto bene il promontorio caldo in risalita dalla Spagna (“Spanish Plume”). Si nota anche l’aria più fredda presente sull’Oceano Atlantico, a sud-ovest.

Questo evento è stato caratterizzato da tre grandi complessi temporaleschi

Il primo si formò sul Galles Centrale verso l’alba e proseguì in direzione nord-est; raggiungendo la zona di Birmingham; qui uno dei temporali associati a questo sistema produsse un tornado EF2 13 km a nord-ovest di Leicester verso le 11:15. Si tratta di un orario inusuale per la formazione di un tornado, sulla terraferma essi avvengono generalmente verso il tardo pomeriggio, quando il picco del calore è raggiunto e il suolo si è scaldato per tutto il giorno. Il fatto che il tornado sia avvenuto a quell’orario è sintomatico delle condizioni insolitamente propizie per la tornadogenesi. Un altro fattore che può aver contribuito alla sua formazione è il riscaldamento solare che ha rotto lo strato inversionale. La località più colpita dal tornado è stata il villaggio di Newbold Verdon ( Leicestershire). Le località di Coalville e Whitwick ( sempre nel Leicestershire) hanno visto invece rain-rate incredibilmente alti per gli standard inglesi: la seconda ha fatto registrare 26 mm di pioggia in appena 10 minuti. Per mezzogiorno questi temporali si fondevano in un grande MCS ( mesoscale convective system) e muovevano sul mare del Nord.

Immagine spettacolare della supercella che ha prodotto il tornado nel Leicestershire

Il secondo grande sistema temporalesco si è sviluppato più avanti nel giorno, formandosi sulle Midlands e muovendosi verso nord-est, con un percorso simile a quello del primo sistema. Esso ha prodotto due temporali supercellulari e un secondo tornado, anch’esso nel Leicestershire. la caratteristica principale di questo secondo sistema è stata la presenza della grandine, esso ha infatti prodotto grandine di diametro tra 4 e 8 cm su una fascia di territorio lunga circa 110 km. Il peggio della grandine si è abbattuto su Burbage e dintorni con vetri distrutti e fogliame scorticato. Le località di Burbage e Hinckley hanno poi subito diffusi allagamenti. Anche questo sistema ha colpito sopratutto il Leicestershire causando oltre 150 milioni di sterline di danni solo in questa contea.

Immagine radar delle supercelle grandinigene sopra il Leicestershire. Si nota come i due sistemi più violenti si siano sviluppate più a sud, dove l’energia disponibile era maggiore.

Il terzo sistema temporalesco è stato il più ampio come estensione, esso si è formato già come MCS sopra il mare d’Irlanda tra le 11:00 e le 13:00 e successivamente, sempre come MCS ha colpito il Nord dell’Inghilterra ( Cumbria and Northumberland). Esso ha mancato le caratteristiche supercellulari e tornadiche dei primi due e inoltre non ha presentato grandine. Esso è stato però rilevante per la sua estensione, le sue forti piogge e l’elevato numero di fulmini che lo ha accompagnato. Questo MCS ha prodotto diffusi allagamenti a Newcastle-upon-Tyne e frane che hanno interrotto le linee ferroviarie della costa orientale e occidentale, paralizzando i collegamenti tra Inghilterra e Scozia. In questa giornata sul Regno Unito sono stati rilevati ben 111.000 fulmini, con un picco di attività di oltre 1000 in 5 minuti ( 200 al minuto).

Il temporale, ritenuto di violenza storica, che ha colpito nel pomeriggio la città di Newcastle-Upon-Tyne e l’area del Tyneside. Ha causato allagamenti e frane in tutta la regione.

L’incredibile tornado di Mira

Meteorologia

Il devastante tornado, classificato EF4” in base ai parametri della nuova scala “Fujita”, che il giorno mercoledì 8 Luglio 2015 ha devastato la riviera del Brenta, causando la morte di una persona e ingentissimi danni materiali, per case ed edifici distrutti o seriamente danneggiati, passerà alla storia come uno degli eventi vorticosi più violenti della storia italiana.

Straordinaria immagine del tornado che ha colpito la Riviera del Brenta

Del resto, dopo l’intensa ondata di calore che i giorni precedenti aveva investito l’intero nord Italia, accompagnandosi a valori di umidità relativa davvero molto elevati (causa la presenza di una circolazione molto “lasca” nei bassi strati), un modesto cavo d’onda, seguito da aria più temperata di origine atlantica, attraversava le Alpi, per poi transitare sopra i cieli del Veneto e del Friuli Venezia Giulia.Qui l’aria meno calda di provenienza oceanica si è trovata a scorrere sopra un “cuscino di aria molto umida e calda”, che stazionava sopra le pianure del nord-est, dopo giorni di soleggiamento ininterrotto. Il passaggio di questo cavo d’onda (in gergo saccatura), seguito da aria temperata oceanica (meno calda), ha seguito anche dell’inasprimento del gradiente termico verticale e di una avvezione di vorticità in quota che ha reso elevatissimi i valori di wind shear , ha generato condizioni di marcata instabilità, favorendo lo sviluppo di fenomeni temporaleschi particolarmente intensi fra su gran parte del Veneto e su parte del Friuli Venezia Giulia. Così nel corso del primo pomeriggio di mercoledì 8 Luglio 2015 le prime celle temporalesche hanno cominciato a formarsi, in modo molto veloce, lungo tutta la fascia pedemontana delle province di Vicenza e Treviso nonché sulla pianura di Treviso e quella centro settentrionale di Vicenza, Padova e Venezia.

Violento temporale passa a Nord di Vicenza, evento piuttosto comune nella stagione estiva.

Nel giro di poche ore queste celle, alimentate dalla base da “updrafts” davvero molto violenti che risucchiavano gran parte dell’aria calda e molto umida accumulata sopra le pianure del vicentino e trevigiano, ingrossandosi si sono unite fra loro, creando un imponente cluster temporalesco, caratterizzato da “torri convettive” ovvero nuvole temporalesche particolarmente elevate. Durante lo spostamento verso l’alta padovana, a causa dell’intenso wind shear ( velocità e direzioni diverse delle correnti d’aria alle varie quote) presente sopra i celi del Veneto, l’imponente sistema temporalesco ha iniziato a roteare su se stesso, iniziando così ad evolversi in un temporale a supercella, dotato di significativi moti rotatori all’interno, impressi proprio dal notevolissimo “Shear” del vento alle varie quote.La trasformazione dell’iniziale “Cluster temporalesco” in un sistema di chiara natura “supercellulare” è stata di seguito evidenziata anche dalle immagini del radar le quali mettevano in evidenza l’updraft principale del temporale, ovvero la corrente ascendente, localizzato sul margine sud-occidentale del temporale, fosse talmente violento da costringere i venti in quota ad aggirarlo (un po’ come capita con un ostacolo orografico), determinando la classica forma della “supercella” classica. Da qui, durante la sua marcia verso il padovano e veneziano, la supercella ha acquistato l’intensità massima, presentandosi come un imponente scudo di nubi, la cui sommità superava i 12-13 km in altezza.

Immagine satellitare nel momento del tornado. Si può notare l’incredibile struttura supercellulare, indicata in rosso, che ha prodotto il tornado.

Dopo aver colpito diversi centri del padovano, trevigiano e veneziano, con forti rovesci di pioggia e grandinate davvero molto intense, accompagnate da attività elettrica e forti colpi di vento dentro i rovesci più forti, questa imponente supercella, nella fase di massima intensità, si è diretta verso la riviera del Brenta, tra le 17:00 e le 17:40 del pomeriggio, per poi spostarsi velocemente nell’area tra Mestre e Venezia, prima di dissiparsi sull’alto Adriatico poco dopo le 19:00 . Proprio in questo frangente, nel momento in cui il nucleo della supercella si spostava sul veneziano, l’intenso moto rotatorio innescato dallo stesso “mesociclone” (“updraft rotante”) è riuscito a propagarsi fino alla base del cumulonembo, formando così un funnel cloud, ovvero una nuvola che si propaga verso il basso dalla base del cumulonembo. Il funnel cloud è sintomo di una presenza vorticosa, che però solo raramente riesce a raggiungere il suolo. I “funnel cloud” più grossi, come in questo caso, possono apparire come un cono diffuso che prende la forma di V e si in-vortica su se stesso procedendo verso la terra ferma. In questi casi l’eventuale contatto con il terreno potrà essere verificato per la presenza della cosiddetta“debris cloud”, la nube di polvere e detriti sollevata dal tornado, che ci indicherà che il cono ha toccato il suolo. Secondo una prima analisi preliminare elaborata dall’ ARPAV, l’agenzia per la protezione ambientale della regione Veneto, in base ai danni riscontrati nell’area fra Mira e Dolo la forza dei venti del tornado era compresa tra i 270 km/h e i 320 km/h, tale da classificarlo a tutti gli effetti come un “EF-4” della scala Fujita, fra i più violenti fenomeni vorticosi mai occorsi nella storia italiana.

Una delle terribili immagini della devastazione prodotta dal tornado

La grandinata di Casorezzo del 18 agosto 1986

Meteorologia

Un evento meteo eccezionale

Dopo aver ampiamente parlato di fenomeni atmosferici estremi avvenuti al di là dell’Atlantico vediamo ora qualche evento estremo di casa nostra. Diciamo subito che alcuni eventi “made in Italy” non hanno niente da invidiare a quelli americani. Il nostro paese a livello europeo mostra una storia meteorolgica costellata di questo genere di eventi che assai probabilmente non ha eguali. Vi è però un’area in Italia che si distingue sopra le altre: stiamo parlando della Pianura Padana. La storia meteorologica della Pianura Padana, anche recente,è infatti ricchissima di fenomeni temporaleschi violenti e di tornado. Per me questo è doppiamente interessante in quanto io nella Pianura Padana ci vivo.Oggi vi voglio parlare di un evento avvenuto molto vicino a dove risiedo: la famosa grandinata del Casorezzo del 18 agosto 1986.

Un immagine di Casorezzo subito dopo la grandinata

Questa grandinata rappresenta sicuramente un esempio di “severe weather”, anzi può essere considerata un esempio estremo di maltempo, visto che è un evento probabilmente con tempi di ritorno lunghissimi, di un’intensità veramente rara. Di questo evento sappiamo però relativamente poco, quasi tutto quello che sappiamo in realtà proviene dalle immagini terrificanti scattate poco dopo la grandinata. Queste ci mostrano scene apocalittiche: tetti distrutti, vetri infranti e sopratutto campi di mais completamente distrutti ed alberi scorticati. Dopo il passaggio della grandinata il paesaggio era irriconoscibile: sembrava infatti un paesaggio invernale, con gli alberi senza foglie. la grandinata poi fece abbassare la temperatura così tanto da creare una fitta nebbia radente, che si dissolse solo il giorno successivo. Il fatto straordinario di quella grandinata non fu tanto la dimensione dei chicchi ( 6-10 cm) misure comunque notevoli, quanto l’intensità della grandine ( la sua fittezza) e il fatto che praticamente essa cadde senza una goccia d’acqua. Cosa fece sì che questa grandinata assunse queste caratteristiche così estreme? In realtà non lo sappiamo.

Ecco quello che sappiamo:

Ci troviamo a Casorezzo, un piccolo comune del Milanese nord-occidentale, tra Magenta e Legnano. E’ il 18 agosto del 1986: molte famiglia del paese sono al mare in Riviera e coloro che sono a casa il pomeriggio di quel giorno assisteranno ad un evento incredibile, che ricorderanno per sempre. Sono le 18 di un tipico pomeriggio padano, il cielo è bianchiccio e l’afa è grande, un sistema temporalesco si avvicina dal Piemonte. Non sarà un temporale come gli altri: in pochi minuti il cielo si oscura e succede il finimondo: raffiche di vento forse sui 150 km/h si abbattono sul paese, accompagnate da una grandinata fitta e potente, che distrugge tutto. I racconti parlano del finimondo.

Un campo di mais completamente distrutto in seguito alla grandinata

In che contesto si è sviluppato tutto questo? Il 18 agosto 1986 a livello sinottico abbiamo una situazione favorevole a violenti temporali sul Nord-Ovest, una saccatura si avvicina dalla Francia. Questa dinamica è però relativamente comune nel periodo estivo. Il fatto che una dinamica sufficientemente comune abbia dato origine ad un fenomeno tanto estremo è quindi un mistero. In questo caso devono essere stati fattori molto locali a giocare un ruolo preponderante, ulteriore dimostrazione che le dinamiche locali sono importantissime per il clima. Un ruolo decisivo è probabilmente stato svolto dai temporali presenti in quel momento sulle Alpi piemontesi e valdostane ( sappiamo ad esempio che in quel momento erano attivi diversi temporali di moderata intensità proprio sulla Vallee). Il vento discendente da questi temporali ( il cosidetto outflow) ha probabilmente innescato una linea temporalesca sul fiume Ticino, su una linea da Novara a Milano. Questa linea temporalesca si è poi spostata verso est e una probabile supercella particolarmente intensa ha colpito l’area tra Casorezzo, Inveruno e Ossona. Per provocare una simile grandinata la cella doveva per forza di cose avere una riflettività elevatissima e presentare correnti discendenti fortissime. Alcune immagini satellitari del giorno ci mostrano celle temporalesche con cima assai elevata, esse inoltre mostrano celle temporalesche fortemente stirate verso Nord-Est, sintomo della presenza di correnti ad alta quota molto forti da Sud-Ovest. Questi elementi ci dicono che quel giorno erano presenti temporali assai intensi ma il fatto che uno di essi abbia prodotto un fenomeno tanto estremo in quel determinato momento in quel determinato luogo è qualcosa che è destinato a rimanere misterioso ancora per molto tempo ( se mai esso avrà una spiegazione).

Immagine satellitare relativa al 18 agosto 1986. Si nota il grande ammasso temporalesco ancora al di là delle Alpi. Le nuvole appaiono estremamente “stirate” in direzione nord-est, sintomo di forti correnti da S-O in quota.

I tornado: cosa sono e come si formano

Meteorologia

I tornado sono una delle forze più distruttive della natura e uno degli eventi meteo più affascinanti e complicati in assoluto. Purtroppo essi sono talvolta anche fonte di distruzione e di sofferenza per quanti hanno la sfortuna di trovarsi sul loro cammino. Il tornado è un fenomeno affascinante e distruttivo quanto raro e imprevedibile e queste caratteristiche lo rendono ancora più pericoloso. Prima di descrivere la formazione, la distribuzione geografica e le caratteristiche di questo fenomeno incredibile bisogna però fare qualche piccolo distinguo lessicale. Innanzi tutto i termini tornado e tromba d’aria sono sinonimi perfetti e non descrivono alcunchè di diverso l’uno dall’altro,frasi come “ quella tromba d’aria era quasi un tornado” non hanno quindi alcun senso.  Il termine tromba d’aria è semplicemente il vocabolo italiano che descrive il fenomeno, così come “tornado” ne è il vocabolo in lingua inglese. Un tempo in Italia si chiamavano più spesso con altri termini: “code di drago”, “tifoni”, “sifoni” e così via.  Visto che il termine inglese è il più usato a livello mondiale ed è ormai profondamente radicato nel nostro linguaggio, oltre che essere estremamente accattivante per noi esterofili userò quindi tale termine.

Origine etimologica: pochi sanno che il termine tornado, spesso ancorato all’immaginario americano ha in realtà origine spagnola: esso è il participio passato del termine “tornar” che significa girare. Molto spesso in America e in altri paesi anglosassoni è noto anche come “twister” o più raramente “cyclone” come nel famoso film del 1939 “ il mago di Oz”. 

Cos’è un tornado (o tromba d’aria?)

Un tornado è una colonna d’aria in violenta rotazione, originata dalla base di un cumulonembo ( la nuvola di un temporale). Il temporale e il tornado sono quindi come padre e figlio e un tornado non può originarsi senza una cella temporalesca. Non tutte le celle temporalesche producono tornado, altrimenti dovremmo continuamente ripararci da essi  e la nostra vita in alcuni mesi dell’anno sarebbe impossibile. Gli unici temporali in grado di produrre i tornado sono le cosiddette supercelle, temporali estremamente violenti: essi sono spesso accompagnati da grandinate catastrofiche, raffiche di vento distruttive e frequenti fulminazioni. La vera discriminante di questi temporali non è però la loro violenza, bensì la presenza di un piccolo centro di bassa pressione, detto mesociclone. Questo centro di bassa pressione in miniatura  fa si che la supercella ruoti su se stessa e si muova per lo più indipendentemente dai venti ( mentre molti temporali “normali” sono trasportati dai venti). Per un osservatore comune è difficile riconoscere una supercella, mentre molti appassionati sanno distinguere a colpo sicuro un mesociclone. Bisogna ora specificare che solo alcune supercelle producono tornado, e che la maggior parte di questi sono di debole intensità e non in grado di arrecare grosse distruzioni o persino mietere vittime. Per comprendere meglio l’estrema variabilità di questo fenomeno pazzesco: mediamente i tornado sono larghi qualche decina di metri e durano pochi minuti percorrendo qualche chilometro…. Ora, il tornado più largo mai misurato aveva una larghezza di ben 4 chilometri! Quello con il percorso più lungo ha viaggiato per ben 378 km prima di dissiparsi. 

Per capire la potenza distruttiva dei tornado ci si deve rifare alla cosiddetta Scala Fujita, dal nome del meteorologo americano-giapponese Ted Fujita, dell’Università di Chicago. Dal 2013 essa è stata sostituita dall’Enchanced Fujita Scale ( Scala Fujita migliorata) che classifica i tornado in base alla velocità dei venti al loro interno, ricavata essenzialmente dai danni provocati. La scala va da EF0 a EF5 e in realtà è in uso ufficiale sono negli Stati Uniti e Canada. Questi due paesi sono anche i soli a registrare sistematicamente tutti i tornado avvenuti sul loro territorio. 

Dove avvengono i tornado?

 I tornado sono stati documentati in tutti i continenti, ad esclusione dell’Antartide.  Nonostante questo solo porzioni relativamente piccole del globo presentano una frequenza elevata di questo fenomeno: si tratta prevalentemente di aree a clima temperato e con territorio pianeggiante, questo perché le aree a pendenza elevata smorzano il moto rotatorio. Nonostante questo nel 1987 un tornado F4 ha colpito la Teton Wilderness e il Parco Nazionale di Yellowstone ( Wyoming,USA) viaggiando tra i 2600 e i 3000 metri e abbattendo oltre un milione di alberi.Le aree soggette a tornado con una certa frequenza a livello mondiale sono: Stati Uniti Centro-Orientali e Canada Meridionale, Pampas tra Uruguay,Argentina e Brasile Meridionale, Europa e Russia Europea, Sudafrica, India Orientale e Bangladesh, Cina Orientale Costiera, Corea e Giappone, Australia e Nuova Zelanda.  L’area con il numero maggiore di tornado a livello mondiale è però  la cosiddetta “ Tornado Alley”, nelle Grandi Pianure Americane. Ciò è causato della geografia unica della zona. Negli Usa ogni anno avvengono circa 1200 tornado, mentre in Canada circa 60.  In Europa, dove non ci sono dati certi e sistematici, si stimano circa 300 tornado all’anno ( ¼ del valore americano). Stupirà non pochi però scoprire che il paese al mondo con più tornado per kmq siano i Paesi Bassi ( 20 tornado all’anno) seguito dall’Inghilterra. Nel caso olandese e inglese si tratta però prevalentemente di tornado brevi e poco violenti, ben diversi dai mostri che si generano nelle Plains statunitensi. Sorprenderà non poco sapere poi che i tornado uccidono in Bangladesh in media 179 persone all’anno! Più che in ogni altro paese!

Focus sulle Grandi Pianure Americane

Con il termine “Great Plains” si intende una vastissima area di aree pianeggianti che si estende nel cuore del Nordamerica dai Monti Appalachi a est fino alle Montagne Rocciose a ovest. Esse sono aperte verso sud sulle acque del Golfo del Messico, un golfo tropicale con acque basse e costantemente molto calde ( e con temperature anche superiori ai 30 gradi in estate), verso nord questa fascia pianeggiante continua nelle praterie canadesi e prosegue praticamente indisturbata fino all’area artica. A ovest in realtà queste pianure pur prive di rilievi si innalzano in vista delle Montagne Rocciose  fino a oltre 1000 metri di altezza ma restano prevalentemente piatte e costituiscono quindi un altopiano vero e proprio ( High Plains). Questo setting geografico unico ha delle enormi ricadute sul clima: i cosiddetti scambi meridiani ( scambi di enormi masse d’aria che si muovono da sud a nord o da nord a sud) sono qui molto più accentuati che altrove, ne risulta il fatto che aria molto calda proveniente dal Golfo del Messico possa spostarsi a nord indisturbata per (anche) migliaia di chilometri e lo stesso può fare l’aria artica proveniente dall’Artico Canadese. Questo provoca anche enormi sbalzi di temperatura nel giro di poche ore: non è raro che nella stagione invernale potenti fronti freddi facciano precipitare la temperatura di dieci gradi o più in pochi minuti e la neve faccia la sua comparsa anche sulle coste del Golfo. D’estate, al contrario, anche le regioni più settentrionali soffrono di condizioni di canicola, con gran caldo e dew points elevati. Per fare un esempio di quanto il clima possa essere estremo da quelle parti mi rifarò ad un evento relativamente recente ma che non corrisponde al record assoluto: il 29 novembre 2014 alla 1.35 p.m la cittadina di York (Nebraska) registrava una temparatura di 81 F ( 27 ° C), il giorno dopo la temperatura alle 7.30 del mattino era di 10 F ( -12 °C), a Douglas ( Wyoming) la temperatura crollò di 20° in un’ora e a Livingston ( Montana) di 14° in sei minuti. A Bozeman ( Montana) a circa 1000 km da York la temperatura all’alba del giorno 30 era di -22F ( -30 °). 

All’interno delle Grandi Pianure l’area più soggetta ai tornado è la cosiddetta Tornado Alley” un’area vicino alle High Plains che si estende dal Texas a Sud fino ai Dakota a nord passando per Oklahoma, Kansas e Nebraska. Un’altra area di grande attività è la cosiddetta “Dixie Alley” situata più a Est nel Profondo Sud Americano ( Arkansas, Alabama, Mississippi, Georgia, Louisiana). Negli ultimi anni una tendenza sembra essere quella di una diminuzione dell’attività tornadica nella classica Tornado Alley e un’incremento nella Dixie Alley, che potrebbe già essere diventata l’area più suscettibile a questo genere di fenomeno. Bisogna poi dire che La Dixie Alley presentava già prima di questo shift areale una mortalità tornadica ( numero di vittime) assai superiore. Questo essenzialmente per due ragioni: la prima è che le High Plains sono generalmente assai scarsamente abitate, mentre la Dixie Alley lo è decisamente di più, il secondo motivo è che nella seconda molte più persone vivono in roulettes e altri insediamenti temporanei, dove la mortalità in caso di un tornado violento è elevatissima. 

Il tornado spesso non è un fenomeno isolato 

I tornado spesso non sono fenomeni singoli: nello stesso giorno diversi tornado posso formarsi nella stessa area o in un’area più grande; in questo caso si parla di outbreaks tornadici ( letteralmente 

I Tornado in Italia: focus sui fenomeni violenti 

L’Italia è una terra di tornado? Dalle statistiche e dagli eventi del passato sembrerebbe proprio di sì. L’Italia può essere considerata il paese europeo con il maggior numero di episodi tornadici violenti documentati in epoca storica, forse solo la Germania potrebbe avere  una frequenza paragonabile. A primo acchito sembrerebbe assai improbabile la formazione di un tornado violento in Italia: nelle aree a tornadogenesi prevalente ( Tornado Alley) i tornado violenti e mortiferi sono appena l’1-2 % del totale e negli USA si registra in media appena un tornado EF5 all’anno. Anche qui entra in gioco però l’enorme variabilità del fenomeno: tra il 2001 e il 2008 non si sono infatti registrati tornado EF5 negli USA( ben 7 anni di fila). Contrariamente, il 28 aprile 2011 se ne sono registrati ben 4 nello stesso giorno ( di cui 3 nello stesso stato e con una differenza temporale di appena 3 ore).  In Italia le possibilità che questi tornado mostruosi si producano sembrerebbe quindi remotissima eppure in epoca storica questi tornado hanno ucciso centinaia di persone nel nostro paese e decine e decine negli ultimi cento anni. Gli ultimi 50 anni presentano almeno 2 eventi rilevantissimi, classificabili al vertice della scala Fujita. Vediamo quindi di quale si trattano

Tornado Violenti in Italia dal 1900 in poi

Tornado della Lombardia del 28 luglio 1910

 Si tratta di uno degli eventi più estremi mai documentati in epoca storica e il più mortifero almeno degli ultimi 150 anni in Italia. Purtroppo esso ha una documentazione scarsa e questo è un vero peccato perché si tratta di un evento veramente fuori dall’ordinario. Oltretutto per me è doppiamente interessante poiché è avvenuto a pochi chilometri da dove vivo, in luoghi che ho largamente vissuto e percorso e che percorro tutt’ora. Il tornado ( o più probabilmente una cosiddetta famiglia di tornado) ha devastato nel suo percorso una lunga fascia che va dal Novarese alla Brianza, passando per il Basso Varesotto e l’Alto Milanese. Particolarmente colpiti i grandi centri industriali di Busto Arsizio e Saronno, ma anche i centri minori di Vanzaghello, Canegrate e Solaro soprattutto. Il conteggio potrebbe non essere accurato ma dalla cronaca si contano almeno 60 morti accertati. Le cronache parlano di distruzione di case e fabbriche, crolli di camini e distruzione dei raccolti. Questo fa presupporre che i tornado fossero accompagnati da forti raffiche di vento lineare ( down-bursts) e violente grandinate. Molti danni ( come la caduta dei camini e l’asportazione dei tetti sembrerebbero essere attribuibili a venti lineari particolarmente violenti mentre altri danni sono sicuramente di origine tornadica e  non possono essere stati causati da venti seppur molto violenti. Questa situazione sembrerebbe spiegabile con la formazione di una potente squall line con supercella/e embedded oppure addirittura possibilmente di un derecho con nuclei supercellulari. 

Tromba d’aria del Montello

Tornado dell’Oltrepò Pavese ( Robecco Pavese-Vallescuropasso) 

Tornado di Padova e della Laguna Veneta del 1970

Tornado della Riviera del Brenta del luglio 2015

Altri fenomeni rilevanti: Tornado di Arcore/Concorezzo del 2001, Tornado Di Vallà di Riese Pio X del 2009, Tornado OUTBREAK dell’Emilia del 2013, Tornado di Taranto, Tornado di Galliate del 2001.